Quanto ci fidiamo?

È proprio vero che a volte siamo inadeguati alla vita, da cui prendiamo molto e, forse, siamo poco.
Ed è altrettanto vero che spesso siamo così traboccanti di noi che non ce ne rendiamo neanche conto.

Io, io, io… Ma io… Sì, però io sono…

Quando parliamo con Dio siamo inadeguati al suo amore incommensurabile.
Eppure siamo lì a chiedere ogni volta, spesso a pretendere.
E mai ci ricordiamo di dire, come il centurione della parabola di oggi, “io non sono degno”. Mt 8,5-11

Eppure lo ripetiamo ogni volta alla messa “io non sono degno di partecipare alla tua mensa ma di soltanto una parola…”.

Dovremmo imparare tutti dal centurione a pregare.
Il centurione era un pagano, non era ebreo, era un ufficiale dell’odiato esercito di occupazione, un peccatore.

“𝐼𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑢 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑖 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑡𝑒𝑡𝑡𝑜; 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑟𝑒 𝑑𝑎 𝑡𝑒; 𝑚𝑎 𝑑𝑖’ 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑎 𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑜 𝑠𝑎𝑟𝑎̀ 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑖𝑡𝑜”.
Eppure un peccatore ha la fede di credere che il Signore con una sola parola può guarire il suo servo morente. Fede che noi credenti non abbiamo.
E il servo malato venne guarito.

𝐺𝑒𝑠𝑢̀ 𝑙𝑜 𝑎𝑚𝑚𝑖𝑟𝑜̀ 𝑒, 𝑣𝑜𝑙𝑔𝑒𝑛𝑑𝑜𝑠𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑙𝑙𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑒𝑔𝑢𝑖𝑣𝑎, 𝑑𝑖𝑠𝑠𝑒: «𝐼𝑜 𝑣𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑒𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑛 𝐼𝑠𝑟𝑎𝑒𝑙𝑒 ℎ𝑜 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑡𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑓𝑒𝑑𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑒!».
𝐿𝑐 7,1-10
E noi quanto ci fidiamo?

C’è chi aspetta una persona, c’è chi aspetta il lavoro, c’è chi aspetta di stare bene, c’è chi aspetta un po’ di riposo, c’è chi aspetta una svolta economica, c’è chi aspetta un aiuto, c’è chi aspetta l’amore, c’è chi aspetta qualcosa che non sa come si chiami.
E noi cosa aspettiamo?
E cosa ci aspettiamo da questo nuovo anno liturgico?

Non lasciamoci sovrastare dalle esigenze quotidiane, non chiudiamoci nella ricerche affannosa dei nostri interessi, ma apriamo la porta agli altri prima che sia tardi.
Scuotiamoci dai canoni della quotidianità, della banalità, della mondanità.

Andiamo oltre, cerchiamo oltre, guardiamo oltre.
Cerchiamo il Signore che si nasconde nelle persone povere, nelle persone che soffrono, nelle persone sole e abbandonate, nelle persone emarginate, nelle persone dimenticate.
Solo allora arriverà Natale.
E non sarà Natale un giorno solo.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Mt 24,37-44

Investimenti

Come facciamo le nostre scelte di vita?
Su cosa si fondano?

Siamo portati ad aggrapparci a ciò che è a portata di mano, a ciò che è razionale, a ciò che tocchiamo, alle cose, ai beni, al lavoro, alla vicinanza delle persone a cui teniamo, al lavoro, alla posizione, alla salute, al successo.

Non si può biasimare un atteggiamento di questo tipo. E’ umano.

Purtroppo in questo modo non ci accorgiamo di farci del male.
Perché tutte queste cose finiranno, ci sfuggiranno inevitabilmente di mano. In fondo è la vita.

Ma allo stesso tempo è un inganno, perché “il cielo e la terra passeranno”. Lc 21,29-33

Questo non significa che la vita è un inganno, la vita è meravigliosa, ma poi finisce…

Invece dovremmo investire il per il futuro. E il futuro dell’uomo non è la vecchiaia. Sarebbe una delusione se così fosse.
Riflettiamo bene, dunque, su cosa investire nella vita!

Quando saremo soli

E’ quando saremo veramente soli, quando nessuno capirà quello che vorremo gridare al mondo, quando saremo traditi da tutti, “perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti, dagli amici”, quando saremo odiati da qualcuno che a volte arriverà a uccidere pur di farci del male. Insomma, quando tutto va male.
Quando tutto va male si chiama quasi sempre solitudine.
E’ allora che dovremo fidarci, che dovremo credere in lui.
E’ allora che non dovremo sentirci soli perché qualcuno c’è, in realtà, con noi.
E’ allora che dovremo perseverare, sentirci amati, protetti.
“Nemmeno un capello del vostro capo sarà sfiorato.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.
Lc 21,12-19

Ma non sarà la fine

Nelle letture di oggi Gesù parla di guerra, di pandemia e di crisi e carestia.
Ma ne parla solo per dire che tutte queste cose non sono la fine.
C’è sempre una strada nuova, c’è sempre una speranza, c’è sempre una via d’uscita.
È vero noi vediamo il male, la rassegnazione, l’odio.
Ma ci saranno sempre il bene a contrastare il male, la speranza a cambiare la rassegnazione, l’amore a guarire l’odio.

Legami

Ebbene sì. Ci sono legami che vanno ben al di là della carne, della famiglia e del sangue,  ci sono valori che superano le convenzioni, le usanze, le mode e le consuetudini sociali.
Se tutti pensassimo di più agli altri e meno a noi stessi e al mondo che ci circonda, scopriremmo un universo incredibile.
Scopriremmo che fuori dal nostro recinto c’è una infinita vastità.
Scopriremmo un modo che possiamo superare la nostra contingenza semplicemente volgendo lo sguardo verso l’assoluto.
Tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre». Mt 12, 46-50

Il ladrone

Stavano condividendo la stessa sorte di Gesù. I due ladroni. Lc 23, 35-43
Uno ha il cuore chiuso, l’altro ha il cuore spalancato all’orizzonte dell’amore.
Non conta il prima e non conta neanche il poi.

Lui chiede il paradiso futuro e Gesù invece parla al presente: “Oggi sarai con me in paradiso”.

Insomma, noi lo uccidiamo come un delinquente, forse ci vergogniamo anche un po’ di noi stessi, della nostra disumanità. E lui che fa? Ci perdona e ci accetta, anche quando noi stessi facciamo fatica ad accettarci e a perdonarci.
Se siamo crocifissi affianco a Gesù crocifisso per noi è già oggi la certezza del Paradiso.
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Lc 23, 35-43

A causa del mio nome

Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno… ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno… uccideranno alcuni di voi, sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”.

Uno scenario quello profetizzato da Gesù perfettamente aderente alla realtà dei secoli che si sono susseguiti. Da allora sono infatti morti milioni e milioni di cristiani a causa del nome di Cristo.

Nel mondo oggi sono oltre 360 milioni i cristiani perseguitati e discriminati a causa della loro fede. Uno ogni sette.

Basti pensare che il governo talebano lavora all’identificazione dei cristiani che vengono  arrestati e poi uccisi.

Ma anche in paesi democratici c’è la caccia ai cristiani. In India, Paese sempre più influenzato dall’ideologia nazionalista induista, le violenze contro cristiani sono ignorate, anzi incoraggiate da leader politici indiani e accompagnate da una grande disinformazione sui media.

Questi sono i fatti. Ma quale deve essere l’atteggiamento dei cristiani di fronte a questa strage?

Lo dice Gesù: “Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere”.

Che significa, stare a guardare?

No, ma significa che i discepoli di Cristo non possono restare schiavi di paure e angosce. Devono fermare il male vivendo la vita per il bene. Devono vincere l’odio con la speranza, la speranza che  in quel momento difficile c’è Dio Padre a difenderci. “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto, con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. Lc 21,5-19

Cos’è lo Spirito Santo

Dovremmo tutti i giorni pregare così: «Spirito Santo fa’ che il mio cuore sia aperto alla Parola di Dio, che il mio cuore sia aperto al bene, che il mio cuore sia aperto alla bellezza di Dio tutti i giorni».

Dovremmo farci una domanda tutti: Preghiamo ogni giorno lo Spirito Santo?
Eppure lo spirito ci rende persone nuuove.
Lo Spirito ci dà una relazione nuova con Dio. Uno spirito da figli, non da schiavi.

Lo spirito ci toglie la paura, del futuro, della precarietà della salute, dell’assenza di soldi, della carenza di affetti, della morte.
E finisce tutto.

Oppure c’è qualcosa che ci aspetta dopo?
Il terrore!
La paura!

Lo spirito ci toglie la paura, come agli apostoli nel cenacolo.

Se c’è un papà premuroso, tenero che perdona, di cosa devo aver paura?
Ci fa diventare come i bimbi in braccio alla madre.
Ci fa diventare come bambini. Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli.
Perché i bambini sono sempre gioiosi?
Perché ci sono mamma e papà.

Così noi con lo Spirito Santo.

Siamo presi per mano e accompagnati tutta la vita.

Anzi per il polso.
E se siamo peccatori, ancora di più.
E poi lo Spirito ci dà una relazione nuova con gli altri, con il prossimo.

Perché tutti capiscono questa lingua, come accade agli apostoli che predicano?
Perché è l’amore. E l’amore la capiscono tutti.

Noi non ci capiamo neanche quando parliamo la stessa lingua.
È questa la verità.
I nostri buoni propositi cadono alla prima occasione.
Come è possibile rendere permanenti questi propositi?
È come la farina che si sgretola. Per non sgretolarsi serve una cosa. L’acqua.
L’acqua è lo Spirito.
E possiamo stare certi che l’amore la capiamo tutti. E come!
Come si vede se una persona ha lo Spirito Santo?
Dalla gioia.

Si capisce che ha qualcosa dentro che gli dà gioia, che non ha bisogno di sopraffare, di primeggiare, di essere opportunista.
Lo Spirito ci rende persone nuove, che sanno consolare nonostante tutto, nonostante il mondo.

Apparenza

Non basare la vita sul culto dell’apparenza, dell’esteriorità, sulla cura esagerata della propria immagine. E, soprattutto, stare attenti a non piegare la fede ai nostri interessi.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi”.
Mt 6,1-6.16-18