A causa del mio nome

Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno… ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno… uccideranno alcuni di voi, sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”.

Uno scenario quello profetizzato da Gesù perfettamente aderente alla realtà dei secoli che si sono susseguiti. Da allora sono infatti morti milioni e milioni di cristiani a causa del nome di Cristo.

Nel mondo oggi sono oltre 360 milioni i cristiani perseguitati e discriminati a causa della loro fede. Uno ogni sette.

Basti pensare che il governo talebano lavora all’identificazione dei cristiani che vengono  arrestati e poi uccisi.

Ma anche in paesi democratici c’è la caccia ai cristiani. In India, Paese sempre più influenzato dall’ideologia nazionalista induista, le violenze contro cristiani sono ignorate, anzi incoraggiate da leader politici indiani e accompagnate da una grande disinformazione sui media.

Questi sono i fatti. Ma quale deve essere l’atteggiamento dei cristiani di fronte a questa strage?

Lo dice Gesù: “Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere”.

Che significa, stare a guardare?

No, ma significa che i discepoli di Cristo non possono restare schiavi di paure e angosce. Devono fermare il male vivendo la vita per il bene. Devono vincere l’odio con la speranza, la speranza che  in quel momento difficile c’è Dio Padre a difenderci. “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto, con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. Lc 21,5-19