In prossimità della nostra coscienza

Premessa.

I lebbrosi erano dei malati che non morivano, ma non guarivano. Erano però morti per la società. Erano quelli che sono gli emarginati di oggi.

Antefatto.

I samaritani erano visti come gli stranieri di oggi. Infatti discendevano dagli stranieri pagani deportati in Israele per sostituire l’élite degli ebrei “puri” deportati. Difficilmente potevano essere visti in modo positivo. Gli ebrei e i samaritani non si parlavano tra di loro perché si odiavano.

Fatto.

Dieci lebbrosi si fermarono a distanza e dissero: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?». Lc 17.11-19

Epilogo.

Non è sempre facile dire grazie. Spesso diamo tutto per scontato. Andiamo in chiesa e quando abbiamo un problema preghiamo Dio e i santi. Come se i santi e le chiese fossero supermercati di grazie e miracoli. Poi però invece di dimostrare la nostra riconoscenza con i fatti, cambiando vita, aiutando gli altri, diciamo “grazie” a parole e siamo a posto.

Non è sempre facile neanche mettere al primo posto il nostro prossimo. Forse doniamo per i poveri e i malati lontani, in Africa, ma voltiamo le spalle ai nostri fratelli vicini, stranieri. Ci facciamo “prossimi” solo di chi vive “in prossimità” del nostro senso di colpa, della nostra coscienza ma non riconosciamo nel volto degli stranieri il volto di Cristo.